Fulvio Fagiani
Nei due post precedenti mi sono concentrato sulle posizioni più contrarie alla transizione ecologico-energetica, mentre in questo vorrei riprendere alcuni degli spunti interessanti emersi.
Uno riguarda la mobilità sostenibile, perché un buon numero di candidati ha messo al primo posto nelle priorità la mobilità pubblica. Non posso che richiamare in proposito l’illuminante presentazione di Andrea Poggio al nostro incontro pubblico del 1° marzo (https://www.youtube.com/watch?v=q5EtnWRwWGo&t=4397s) nel quale sono state illustrate le numerose e diverse possibilità di migliorare il trasporto pubblico.
Purtroppo non si vede oggi alcun rafforzamento significativo del trasporto pubblico, se si eccettuano gli investimenti previsti dal PNRR per la rete di Alta velocità.
Questo iato tra dichiarazioni ed azioni fa temere che molte prese di posizioine siano fini a se stesse..
Il secondo terreno su cui si è registrata una significativa convergenza è stato quello del futuro, anche istituzionale, dell’Unione Europea, di fronte al bivio tra maggiore integrazione o lento declino per il prevalere di interessi e logiche nazionali.
Nessuno ha sostenuto posizioni di riduzione della sovranità europea, molti hanno auspicato una maggiore assunzione di responsabilità delle istituzioni europee, arrivando anche alla modifica dei trattati e ad incisive riforme istituzionali.
Dove l’esigenza di una maggiore integrazione europea è stata proposta con più convinzione è stato nel campo delle politiche industriali.
Sull’Europa incombe il rischio di perdita di competitività e deindustrializzazione, particolarmente in settori strategici come quelli centrali per la decarbonizzazione, fotovoltaico, auto elettriche, batterie. L’Europa rischia di essere il vaso di coccio tra vasi di ferro, un’economia frammentata che si confronta con economie continentali come Cina e Russia.
Senza una politica industriale comunitaria, è stato detto, il confronto sarà impari e l’industria europea non sarà in grado di salvaguardare la sua forza sul mercato globale.
Alla politica industriale si aggiunge il rebus della leva finanziaria: come sosterrà gli investimenti necessari l’Unione, stretta tra nuovo patto di stabilità e fine del Next Generation EU?
Per molti quest’ultimo va riproposto, reso strutturale, ed il bilancio europeo va allargato per soddisfare l’imponente massa di risorse finanziarie necessarie alla transizione e non solo.
Interessanti quelle prospettive di muoversi verso l’Unione fiscale, per reperire risorse contrastando i paradisi fiscali interni e tassando extraprofitti e patrimoni dei super-ricchi.
Ricordo che idee in tal senso sono state presentate recentemente anche in autorevoli contributi della Banca Centrale Europea e della Scuola Sant’Anna di Pisa.