Ancora sulla tavola rotonda del 28 maggio: le soluzioni impossibili 

Ci sono diversi modi di fare negazionismo climatico.

Uno è quello tradizionale, negare l’esistenza stessa del riscaldamento globale e le sue cause antropogeniche, la combustione dei fossili e la deforestazione. Non lo pratica più quasi nessuno, perché l’evidenza dei fatti e l’unanimità della comunità scientifica sono tali, che pochi si avventurano ormai su questo terreno.

Il secondo è quello tratteggiato nel precedente post ‘Chi paga?’: ignorare l’incombere del cambiamento climatico e criticare le trasformazioni necessarie ed i relativi costi.

Ce n’è anche un terzo, cercare di orientare le scelte verso soluzioni impossibili.

Nella tavola rotonda ne sono state avanzate tre, il nucleare, i biocarburanti e le riqualificazioni edilizie a costo zero.

Il nucleare. Una parte della politica coltiva un’incrollabile fiducia nell’energia nucleare, a dispetto di ogni evidenza fattuale. La fusione è di là da venire. Ricordo che quando ero uno studente della scuola elementare, leggevo sull’enciclopedia che allora andava per la maggiore che le prime centrali a fusione sarebbero entrate in funzione nel 2.000. La fascinazione tecnologica è dura a morire, ancora adesso qualcuno fa credere che le centrali a fusione siano a portata di mano, quando i sostenitori più seri indicano come meta realistica il 2050.

Le nuove tecnologie a fissione, di quarta generazione o i piccoli reattori scalabili, sono venduti come pronti e disponibili, quando sono invece ancora oggetto di ricerche.

Ma soprattutto si tralascia il fatto più rilevante: i tempi e i costi.

Anche quando fossero disponibili, i costi della produzione nucleare sono ben maggiori dei costi di fotovoltaico ed eolico.

Il LCOE (Levelized Cost of Energy), il parametro di costo per confrontare tecnologie diverse, è al minimo di 21$/MWh per fotovoltaico ‘utility-scale’ (Impianti di grandi dimensioni) ed eolico on-shore (a terra), di 141 $/MWh per il nucleare1.

Inoltre i tempi di realizzazione di un parco solare o eolico sono dell’ordine di un anno, di una centrale nucleare di una quindicina d’anni. In altre parole, se decidessimo ora per una centrale nucleare, questa entrerebbe in funzione nel 2039 nella migliore delle ipotesi, e non ci salverebbe in nessun modo dal riscaldamento globale che richiede soluzioni in tempi brevi.

I biocarburanti. In alternativa alla trazione elettrica per le auto, c’è chi ha indicato i biocarburanti come combustibile per le auto endotermiche attuali. E’ quanto il governo italiano ha vanamente proposto alla riunione dei ministri dell’ambiente del G7 tenuta recentemente a Torino e presieduta dal Ministro Pichetto Fratin. 

Ci sono almeno due buone ragioni perché la proposta non sia stata presa in considerazione dagli altri ministri.

La prima è che le auto alimentate a biocarburanti producono inquinamento, perché la loro trazione è frutto di combustione.

La seconda è che la materia prima dei biocarburanti, la biomassa, è una risorsa scarsa.

Il suolo disponibile, infatti, deve servire usi differenti ed in competizione: nutrire la popolazione mondiale, fungere da deposito di carbonio sottraendolo all’atmosfera. Solo una limitatissima porzione può essere usata per produrre biomassa da combustione. È allora logico che quella limitata produzione di biocarburanti sia usata dove non ci sono alternative, per esempio per il trasporto aereo o navale. Non c’è, in sostanza, sufficiente biomassa per alimentare la trazione di veicoli leggeri come auto o moto.

Le riqualificazioni edilizie a costo zero. ‘Una riqualificazione edilizia deve ripagarsi entro venti anni con i risparmi sui consumi’ è stato detto durante la tavola rotonda. Ebbene, una riqualificazione con un tale tempo di ritorno semplicemente non esiste, soprattutto per un parco edilizio come quello italiano ed europeo, vecchio e di scarse prestazioni energetiche. Ci piaccia o meno, la riqualificazione del nostro parco edilizio ha tempi di ritorno ben più lunghi, perché richiede ‘ristrutturazioni profonde’, come tutta la letteratura ed i rapporti pubblicati spiegano2.

In conclusione.

Negare, negare, negare, in una delle forme possibili. È questa la stella polare di molte posizioni politiche. 

Si può essere negazionisti di ‘prima generazione’ o di seconda generazione3, l’obiettivo è lo stesso, preservare lo status quo e condannare la nostra e le future generazioni al collasso climatico, mettere la testa sotto la sabbia come in una celebre rappresentazione del negazionismo.

Paradossalmente, oggi contrastare il riscaldamento globale con la mitigazione e l’adattamento, contribuisce anche al benessere economico e sociale e all’innovazione.

Ma da chi nega ostinatamente i fatti per meschini interessi di cortissimo respiro, è difficile aspettarsi un’onesta presa d’atto della realtà.

Fulvio Fagiani

  1. https://www.lazard.com/research-insights/2023-levelized-cost-of-energyplus
  2. Si veda ad esempio https://symbola.net/ricerca/il-valore-dellabitare/
  3. https://counterhate.com/research/new-climate-denial/